257.000 morti premature in un anno
In Cina, l’inquinamento dell’aria è peggiorato a tal punto da essere classificato al primo posto tra le cause del disagio sociale. Un recente studio, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Science, ha rilevato che “l’aspettativa di vita, per coloro che abitano a nord (della Cina), è ridotta di circa 5 anni e mezzo – a causa delle differenze nei problemi cardio-respiratori, esattamente quello che ci si aspetterebbe se la causa fosse l’inquinamento.” L’inquinamento colpisce però anche coloro che abitano in zone meno afflitte da questo problema.
Per illustrare la situazione, Greenpeace UK ha realizzato la mappa interattiva riportata qui sotto:
Ciascuna bolla rappresenta una centrale a carbone: in Cina sono oltre 2.300 gli impianti attivi.
La dimensione della bolla mostra l’impatto sulla salute che, come suggerisce l’analisi, potrebbe essere causato dalle malattie provocate dagli agenti chimici e dai residui della combustione del carbone nel 2011.
E’ possibile ingrandire per visualizzare la zona di ciascuna centrale mentre cliccando sulla bolla si ottengono i dati relativi alle emissioni (tonnellate per anno) di diossido di zolfo (SO2), ossidi di azoto (NOx) e polveri sottili (PM 2,5).
Ogni bolla è semi trasparente: le aree più scure si riferiscono alle zone maggiormente colpite a causa della vicinanza a più centrali.
La mappa mostra l’impatto sulla salute, indicato con le morti premature, dovuto alle emissioni di queste centrali.
Sulla scorta di quanto rappresentato nella mappa, le zone con più alto rischio per la salute sono: la provincia di Henan, con una stima di 31.400 morti premature; la provincia di Shandong con 29.800 morti premature; la Mongolia interna, con 27.400 morti premature; la provincia di Shanxi, con 26.100 morti premature e quella di Jiangsu, con 24.200.
La somma dei dati porta alla cifra spaventosa di 257.000 morti premature solo nel 2011.
Ad oggi, nel nostro paese sono attive 13 centrali a carbone:
E’ recente invece la bocciatura del progetto per la conversione a carbone della centrale Enel di Porto Tolle, accolta con soddisfazione da Greenpeace, Legambiente e WWF. Le tre organizzazioni sottolineano:«Il segnale negativo su Porto Tolle deve riguardare anche i progetti di espansione del carbone di altre aziende, in altre parti d’Italia, che vanno ugualmente bloccati. I danni alla salute e all’ambiente, nonché il pericolosissimo livello di emissioni climalteranti impongono con urgenza di abbandonare l’uso del carbone nel nostro Paese. In questi giorni è in discussione in Parlamento un Decreto legge (Destinazione Italia) che addirittura sussidia un nuovo e insensato progetto nel Sulcis con 60 milioni l’anno, presi direttamente dalle bollette degli italiani, parametrati addirittura al costo della vita, che evidentemente vale ancora per le lobby e non più per i cittadini. E’ ora di impegnarsi a fondo per chiudere con il carbone e investire, invece, nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica».
Fonte Treehugger, Assocarboni e Greenreport