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Mi azzardo a giocare?

Certe cose crescono e crescono e crescono in maniera vertiginosa, sfuggendo alla consapevolezza dei più, fino a pervadere la trama del tessuto sociale in ogni aspetto, in ogni angolo, in ogni piega. Quando poi, per un qualsiasi motivo, solitamente drammatico e doloroso, arriva il momento che ci scontriamo con la realtà dei fatti, allora e solo allora, ce ne rendiamo conto e ci accorgiamo di esserne già inevitabilmente parte. È questo il caso del gioco d’azzardo.

Forse, qualcuno ricorda quando si giocava la schedina il sabato, probabilmente dopo infinite, appassionanti e inconcludenti discussioni tra amici tifosi di squadre rivali. A qualcun altro, invece, tornerà alla mente l’attesa dell’unica estrazione settimanale del lotto: con fremente trepidazione, ci si accingeva a guardare la tv sui canali Rai, dove l’annunciatrice elencava uno dopo l’altro, ma sempre troppo lentamente, i numeri vincenti sulle undici ruote: Venezia, Genova, Napoli, Bari… Per non parlare poi dell’estrazione della lotteria di Capodanno. Si acquistavano i biglietti con un certo anticipo per non rimanere senza o per avere la possibilità di scegliere il numero di serie; al cenone si mangiava fino a scoppiare e poi, il momento atteso: tutti davanti al televisore a sperare che il sogno si avverasse e, nella stragrande maggioranza dei casi, a rimanere delusi, ma tutti assieme. Oppure, per i frequentatori dei bar, le partite di briscola o scala quaranta. Se il barista chiudeva un occhio, si puntavano cinquanta o cento lire a partita o talvolta il giro di bianchi o birre. Intanto, si chiacchierava, ci si arrabbiava, si scherzava, si rideva con la compagnia di perditempo, di cui si sentiva il bisogno dopo giornate di lavoro pesante. In ognuno di questi gruppi non mancava di certo il personaggio più intraprendente, audace e affascinante, che raccontava tronfio d’incursioni occasionali, ma calcolate con estrema freddezza e mosse dal fiuto infallibile, all’esotico tempio del gioco: il casinò. Curioso che, nonostante le ineccepibili capacità matematiche e statistiche e il naso da segugio, mistificasse le sue avvincenti avventure sempre al solito gruppo nel solito bar.Le regole del gioco

Questo fino a una decina d’anni fa o poco più. E oggi? Esco di casa e al bar qui vicino vedo quotidianamente alcuni avventori che a ogni ora del giorno premono pulsanti su abbacinanti video multicolori delle VLT (Video Lottery Terminal, quelli che una volta si chiamavano VideoPoker o Slot Machine), da mattina a sera, continuamente. Infilano soldi nell’apposita fessura, pigiano qualche volta e poi infilano ancora soldi e tutto ricomincia. A volte, la macchina suona festosa, risvegliando improvvisamente il giocatore dal rimbambimento, esce qualcosa che tintinna e che viene immediatamente re-infilato dentro, restituito, si preme sui pulsanti, s’infilano altri soldi… Non ho mai visto uscire una persona contenta e felice da quei locali. E pensare che esistono le “sale gioco”, o meglio le “sale VLT”, “sale Bingo” e “sale scommesse”, tutte frequentatissime.

Vado avanti ed entro dal tabaccaio o dal giornalaio, che prima di rendermi il resto mi chiede se invece voglio un gratta e vinci. Alzo lo sguardo e mi accorgo che dietro il banco c’è una sfilza di decine di gratta e vinci di taglio e qualità diversi: da 1, 2, 5, 10, 20, 50 euro. Vinci qua, vinci là, vinci giù, vinci su. Rifiuto e la signora in coda dopo di me esclama che quel biglietto lo vuole lei, perché: “È quello giusto!” Esco e osservo la signora grattare il biglietto e buttarlo, perché non ha vinto nulla, anzi, per dirla bene, ha perso.

Dal giornalaio c’è una ressa al banco. Forse l’avrete notato anche voi: a fianco del solito banco dove sono esposti i quotidiani, c’è una macchinetta telematica con la quale il titolare ti permette di puntare sui tuoi numeri del lotto. Ecco, lì c’è la ressa, mica per comprare giornali o riviste. Oggi non conto più quante sono le estrazioni del lotto, anche perché c’è il lotto istantaneo, che funziona sempre. E poi c’è il Superenalotto. E “10 e Lotto”. E “Si Vince Tutto”…

Esco stordito e penso che forse a casa sto meglio, lontano da tutto questo, ma poi accendo il p.c. e mi assalgono banner pubblicitari che m’invitano a vincere facile con un solo semplice gesto, un click. Resisto, perché mi sa di fregatura. Un mio amico invece è fiducioso e clicca su tutto e sistematicamente resta fregato.

In tv non va meglio e oramai non faccio più caso alle réclame che invitano a questo o quel gioco.

Gioco o gioco d’azzardo? Il gioco prevede un’abilità, che si può acquisire e affinare con l’allenamento. In genere, i giochi che prevedono un’abilità vanno ad “esaurimento”, cioè il giocatore una volta che si sente capace e competente smette di giocare, perché non ne ottiene più soddisfazione. Se vi è capitato di giocare con qualche gioco (e parlo di videogiochi veri: corse e sfide tra automobili, quiz e trabocchetti, intrighi polizieschi e misteri da svelare, avventure di ogni genere) vi sarete accorti che una volta terminato il gioco, non lo riprendete più in mano, perché oramai sapete come si fa a concluderlo: siete diventati abili e competenti e quindi, indipendenti e liberi.

Il gioco d’azzardo invece è costituito da due elementi fondamentali: 1) C’è una puntata in denaro; 2) L’estrazione dei numeri, la scelta delle carte, la scelta del biglietto sono dovute al caso. Il gioco d’azzardo è basato sul caso, sulla casualità.

Il fatto è che la mente umana non concepisce tanto facilmente il “caso” e quindi vede delle regole matematiche anche dove non esistono. Inoltre, la mente umana non concepisce l’infinito e le estrazioni infinite. La mente invece tende a definire gli eventi, a delimitarli, quindi la statistica, i cui concetti sono basati su estrazioni e numeri infiniti, non c’entra col gioco d’azzardo, anche se ci s’illude che sia la via per vincere.

L’unica amara constatazione che si può evincere dall’applicazione della statistica al gioco d’azzardo è che l’unica certezza è la perdita. Si può perdere di più o di meno, in funzione al gioco d’azzardo che si sceglie, ma indipendentemente dalla scelta, l’unica certezza che si ha è che si perderà.

Allora, come mai c’è chi si rovina col gioco d’azzardo? Molto sinteticamente posso dire che ci sono persone “predisposte”, ad esempio perché hanno qualche problema personale o relazionale, o qualche insicurezza e fragilità (in verità un po’ come ognuno di noi), che quando si accingono alle primissime giocate, casualmente vincono e in quel momento si illudono che vincere sia facile (“Vincere facile”, l’avete mai sentito?). Dopodiché, si innestano e si attivano tutta una serie di distorsioni del pensiero che alimentano, strutturano e consolidano l’illusione, che è sostenuta proprio da quelle difficoltà che costituiscono la “predisposizione” dalla quale il giocatore fugge. Mi spiego con un esempio: se ho dei problemi a casa e un giorno per non pensarci vado al bar e mi faccio un paio di giocate e vinco divento immediatamente contento e spensierato. Così il giorno dopo, piuttosto che stare in casa a litigare, me ne vado a fare un altro paio di giocate. Forse non vinco, andrà meglio domani, ma intanto non sono rimasto in casa. Poi capita che tra una perdita e l’altra, ogni tanto vinca di nuovo, ravvivando l’emozione di quella prima volta.

Tra la prima giocata e la rovina il cammino può essere breve, lungo o lunghissimo, anche 10 o 20 anni. Questo fa sì che il gioco d’azzardo sia spesso un problema subdolo e strisciante e non ci si renda conto che il cammino verso il precipizio è cominciato da un pezzo.

A questo punto sto parlando di Gioco d’Azzardo Patologico (G.A.P.), anche se, per una serie di implicazioni, preferisco chiamarlo Gioco d’Azzardo Problematico.

Un po’ di dati per concludere: nel 2012 gli italiani hanno speso 94 miliardi di euro in giochi d’azzardo, il 4% del PIL, praticamente la prima industria in Italia, ma viene tassata solo per l‘8,4%, una delle tasse più basse che vengano applicate. La gran parte degli introiti del gioco d’azzardo non vengono reinvestiti in nulla, non producono innovazione e qualcuno dice che spariscano nei paradisi fiscali.

Collaterale a questo ci sono 10 miliardi di euro che vanno alla criminalità organizzata.

L’Italia detiene il primato del gioco online, con il 23% dell’intero gioco mondiale.

Ogni anno 790.000 persone vengono investite dal G.A.P. e con loro si rovinano le loro famiglie, gli amici, ne vengono intaccati i creditori, le aziende, banche…

Alessandro Boin

Dati da “Tassare il gioco non è un azzardo” – lavoce.info del 17.01.2014

Di Alessandro Docali16/04/2014 Salute

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